L'evoluzione della peschicoltura italiana: competitività e prospettive

Faenza, 12 settembre – Denis Pantini, responsabile di Agrifood Monitor, analizza l’evoluzione del comparto ortofrutticolo romagnolo e italiano negli ultimi anni nel corso dell’inaugurazione della “Cantina didattica e sperimentale Leonardo da Vinci” presso l’istituto professionale agrario di Persolino. 

 

«La flessione nell’export di nettarine e di vino sfuso dalla Romagna discende da un trend negativo di mercato che ha interessato il settore a livello nazionale da diversi anni: si pensi che dal 2008 l’export di pesche e nettarine italiane è diminuito a volume di oltre il 50%, mentre quello di vino sfuso più del 20% – osserva Denis Pantini, direttore Agroalimentare Nomisma -.

Nel caso delle pesche e nettarine, la causa principale di tale calo discende da una saturazione del mercato europeo determinata da incrementi produttivi che non hanno trovato una valvola di sfogo in un aumento proporzionale dei consumi: basti pensare che cinquant’anni fa, quando la coltivazione era nel pieno del boom, l’Italia rappresentava il primo produttore europeo di pesche e nettarine con un peso dell’80% sui volumi prodotti dei 3 top paesi (Italia, Spagna e Grecia). Oggi tale incidenza è scesa al 35% pur mantenendo volumi di produzione poco distanti da allora, superiori a 1,3 milioni di tonnellate. Questo perché nel frattempo la Spagna – ma anche la Grecia – hanno aumentato sensibilmente le produzioni».

I motivi di tale “affollamento” di mercato sono diversi. Nel caso delle nettarine – come per il vino – la Spagna non solo può vantare una maggior efficienza grazie a minori costi di produzione (solo nella manodopera il gap di costo è di quasi il 40%) ma anche una miglior organizzazione e programmazione sia produttiva che commerciale. Senza contare che attualmente, sempre nel caso del mercato della frutta fresca, i consumatori possono contare su una maggior disponibilità di prodotti differenti lungo tutto l’anno (sia italiani che di importazione), mettendo in concorrenza pesche e nettarine con altri frutti che fino a pochi anni fa non erano in vendita nello stesso periodo.

Ed è anche per questo che è cambiata nel decennio la geografia dei frutteti romagnoli. La superficie investita a nettarine e pesche è crollata rispettivamente del 51% e del 54%, anche la Sau a pere è diminuita del 25%. Gli agricoltori romagnoli hanno convertito questi ettari ad altre produzioni: le superfici investite a kiwi sono passate da 3.062 a 4.419 ettari (+44%), quelle ad albicocco da 2.483 a 4.466 ettari (+80%). Il vigneto ha subito un ridimensionamento, ma da tre anni si è stabilizzato sui 23-24 mila ettari totali (nel 2008 copriva una estensione di oltre 28 mila ettari).

Scarica di seguito un estratto della presentazione di Denis Pantini

DOWNLOAD

Facebook
Twitter
LinkedIn
Telegram